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domenica 14 dicembre 2014

L. PIRANDELLO ED IL NATALE -RACCONTO.

SOGNO DI NATALE

Tema Natale - brano di Luigi Pirandello
Sentivo da un pezzo sul capo inchinato
 tra le braccia come l'impressione
 d'una mano lieve, in atto tra di 
carezza e di protezione. Ma l'anima
 mia era lontana, errante pei luoghi
 veduti fin dalla fanciullezza, 
dei quali mi spirava ancor dentro
 il sentimento, non tanto però 
che bastasse al bisogno che 
provavo di rivivere, fors'anche 
per un minuto, la vita come
 immaginavo si dovesse in quel
 punto svolgere in essi.
Era festa dovunque: in ogni
 chiesa, in ogni casa: intorno
 al ceppo, lassù; innanzi a un
 Presepe, laggiù; noti volti tra 
ignoti riuniti in lieta cena; eran
 canti sacri, suoni di zampogne,
 gridi di fanciulli esultanti, 
contese di giocatori... E le vie 
delle città grandi e piccole, 
dei villaggi, dei borghi alpestri 
o marini, eran deserte nella 
rigida notte. E mi pareva di 
andar frettoloso per quelle vie, 
da questa casa a quella, per
 godere della raccolta festa
 degli altri; mi trattenevo un 
poco in ognuna, poi auguravo:
- Buon Natale - e sparivo...
Ero già entrato così,
 inavvertitamente, nel sonno
 e sognavo. E nel sogno, per
 quelle vie deserte, mi parve 
a un tratto d'incontrar Gesù
 errante in quella stessa notte,
 in cui il mondo per uso
 festeggia ancora il suo natale.
 Egli andava quasi furtivo, 
pallido, raccolto in sé, con
 una mano chiusa sul mento
 e gli occhi profondi e
 chiari intenti nel vuoto: 
pareva pieno d'un cordoglio
 intenso, in preda a una
 tristezza infinita.
Mi misi per la stessa via;
 ma a poco a poco l'immagine 
di lui m'attrasse così, da
 assorbirmi in sé; e allora 
mi parve di far con lui una
 persona sola. A un certo 
punto però ebbi sgomento
 della leggerezza con cui
 erravo per quelle vie, quasi 
sorvolando, e istintivamente
 m'arrestai. Subito allora
 Gesù si sdoppiò da me, e 
proseguì da solo anche più 
leggero di prima, quasi una
piuma spinta da un soffio; ed 
io, rimasto per terra come una
 macchia nera, divenni la sua 
ombra e lo seguii.
Sparirono a un tratto le vie 
della città: Gesù, come un
 fantasma bianco splendente
 d'una luce interiore, sorvolava 
su un'alta siepe di rovi, che
 s'allungava dritta infinitamente, 
in mezzo a una nera,
 sterminata pianura. E dietro,
 su la siepe, egli si portava 
agevolmente me disteso 
per lungo quant'egli era 
alto, via via tra le spine che
 mi trapungevano tutto, pur
 senza darmi uno strappo.
Dall'irta siepe saltai alla fine
 per poco su la morbida 
sabbia d'una stretta spiaggia: 
innanzi era il mare; e, su le
 nere acque palpitanti, una 
via luminosa, che correva 
restringendosi fino a un 
punto nell'immenso arco 
dell'orizzonte. Si mise Gesù 
per quella via tracciata dal
 riflesso lunare, e io dietro a
 lui, come un barchetto nero
 tra i guizzi di luce su le acque
 gelide.
A un tratto, la luce interiore
 di Gesù si spense: 
traversavamo di nuovo le
 vie deserte d'una grande
 città. Egli adesso a quando 
a quando sostava a origliare
 alle porte delle case più umili, 
ove il Natale, non per sincera
 divozione, ma per manco di denari 
non dava pretesto a gozzoviglie.
- Non dormono... - mormorava
 Gesù, e sorprendendo alcune
 rauche parole d'odio e d'invidia 
pronunziate nell'interno, si 
stringeva in sé come per acuto
 spasimo, e mentre l'impronta 
delle unghie restavagli sul dorso 
delle pure mani intrecciate, gemeva:
 - Anche per costoro io son morto...
Andammo così, fermandoci di
 tanto in tanto, per un lungo 
tratto, finché Gesù innanzi a una 
chiesa, rivolto a me, ch'ero la 
sua ombra per terra, non mi disse:
- Alzati, e accoglimi in te. 
Voglio entrare in questa 
chiesa e vedere.
Era una chiesa magnifica,
 un'immensa basilica a tre
 navate, ricca di splendidi 
marmi e d'oro alla volta, 
piena d'una turba di 
fedeli intenti alla funzione, 
che si rappresentava su 
l'altar maggiore pomposamente
parato, con gli officianti 
tra una nuvola d'incenso.
 Al caldo lume dei cento 
candelieri d'argento splendevano 
a ogni gesto le brusche d'oro 
delle pianete tra la spuma dei
 preziosi merletti del mensale.
- E per costoro - disse Gesù 
entro di me - sarei contento,
 se per la prima volta io nascessi 
veramente questa notte.
Uscimmo dalla chiesa, e 
Gesù, ritornato innanzi a me
 come prima posandomi una 
mano sul petto riprese:
- Cerco un'anima, in cui rivivere. 
Tu vedi ch'ìo son morto per questo
 mondo, che pure ha il
 coraggio di festeggiare ancora 
la notte della mia nascita. 
Non sarebbe forse troppo 
angusta per me l'anima tua,
 se non fosse ingombra di
 tante cose, che dovresti 
buttar via. Otterresti da me
 cento volte quel che perderai, 
seguendomi e abbandonando
 quel che falsamente stimi 
necessario a te e ai tuoi: 
questa città, i tuoi sogni,
 i comodi con cui invano 
cerchi allettare il tuo stolto 
soffrire per il mondo... Cerco 
un'anima, in cui rivivere: 
potrebbe esser la tua come 
quella d'ogn'altro di buona volontà.
- La città, Gesù? - io risposi
 sgomento. - E la casa e i miei 
cari e i miei sogni?
- Otterresti da me cento 
volte quel che perderai – 
ripeté Egli levando la mano
 dal mio petto e guardandomi
 fisso con quegli occhi profondi
 e chiari.
- Ah! io non posso, Gesù... 
- feci, dopo un momento
 di perplessità, vergognoso e
 avvilito, lasciandomi cader
 le braccia sulla persona.
Come se la mano, di cui sentivo 
in principio del sogno l'impressione
 sul mio capo inchinato,
 m'avesse dato una forte 
spinta contro il duro legno 
del tavolino, mi destai in quella
 di balzo, stropicciandomi la 
fronte indolenzita. E qui, è qui, 
Gesù, il mio tormento! Qui, senza
 requie e senza posa, debbo da
 mane a sera rompermi la testa.
(Racconto di Natale di Luigi Pirandello)

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