Quando finisce la prima ed inizia la seconda... quello che si narra,
che viene tramandato da centinaia di anni e che, secondo i reperti
risulta veritiero, è la storia del nubifragio avvenuto verso la metà
del `600. Durante il viaggio di ritorno, lungo le coste napitine,
un veliero con equipaggio napoletano, fu sorpreso e travolto da
una violenta tempesta. Il comandante, che teneva nella propria
cabina il quadro della Madonna di Piedigrotta, insieme con i suoi
uomini fece un voto alla Vergine. In caso di salvezza, i superstiti
avrebbero eretto una cappella al quadro miracoloso. Il veliero
andò distrutto contro la scogliera di Pizzo, il carico, presumibilmente
di corallo,perso negli abissi, ma tutto l'equipaggio col suo
comandante toccarono riva sani e salvi, ed insieme con loro
sulla spiaggetta, dove ora sorge la chiesetta, approdarono
anche il quadro dell'Effige Sacra e la campana di bordo datata
1632. Gli scalpellini del luogo, che si recavano in quella
zona per tagliare i blocchi non di "tufo", ma di calcarinite
calcirudite organogena (che servivano nel campo edilizio),
posero il quadro in una grotta già esistente
(quella dove oggi c'è il bar). Quella stessa grotta
che loro usavano solitamente per ripararsi in caso di pioggia.
risulta veritiero, è la storia del nubifragio avvenuto verso la metà
del `600. Durante il viaggio di ritorno, lungo le coste napitine,
un veliero con equipaggio napoletano, fu sorpreso e travolto da
una violenta tempesta. Il comandante, che teneva nella propria
cabina il quadro della Madonna di Piedigrotta, insieme con i suoi
uomini fece un voto alla Vergine. In caso di salvezza, i superstiti
avrebbero eretto una cappella al quadro miracoloso. Il veliero
andò distrutto contro la scogliera di Pizzo, il carico, presumibilmente
di corallo,perso negli abissi, ma tutto l'equipaggio col suo
comandante toccarono riva sani e salvi, ed insieme con loro
sulla spiaggetta, dove ora sorge la chiesetta, approdarono
anche il quadro dell'Effige Sacra e la campana di bordo datata
1632. Gli scalpellini del luogo, che si recavano in quella
zona per tagliare i blocchi non di "tufo", ma di calcarinite
calcirudite organogena (che servivano nel campo edilizio),
posero il quadro in una grotta già esistente
(quella dove oggi c'è il bar). Quella stessa grotta
che loro usavano solitamente per ripararsi in caso di pioggia.
Si esclude, come riportato in molti testi, la presenza dei
pescatori locali, in quanto nella zona interessata
(che non era collegata con nessuna strada carrozzabile
col paese, ma solo con un piccolo e tortuoso sentiero),
erano presenti solo le cave di calcarinite e non un
rifugio o spiaggetta di pescatori. I primi in questo campo
a "colonizzare" la zona ad un centinaio di metri più avanti
dalla chiesetta, arrivarono solo verso il 1952, dando il nome
alla spiaggia adiacente a quella di Piedigrotta, detta
ancora oggi "spiaggia Malfarà", che prese il nome
dal primo pescatore che vi si insediò, appunto Bruno
Malferà, al quale storpiarono il cognome in Malfarà. Si
narra che altre due mareggiate successive, rubarono
il quadro miracoloso da dove era stato sistemato,
adagiandolo nel punto esatto in cui fu rinvenuto la
pri-ma volta dopo il famoso naufragio. Gli scalpellini
capirono il volere della Madonna ed esattamente di
fronte al rinvenimento nella nuda e liscia roccia
cominciarono ad ingrandire una grotta naturale ivi
esistente e conosciuta, con apertura più in alto.
Scavarono a colpi di piccone la nuova residenza
dell'Effige Sacra, ampliandola di volta in volta in
caso di pioggia, dall'abside (antro naturale) verso
il mare. Infatti, non potendo lavorare alle cave
col brutto tempo, gli scalpellini passavano le loro
ore picconando all'interno di Piedigrotta per ingrandire
sempre di più la chiesa. Ciò viene testimoniato anche
dai segni delle picconate, diversi di modo e periodo storico.
pescatori locali, in quanto nella zona interessata
(che non era collegata con nessuna strada carrozzabile
col paese, ma solo con un piccolo e tortuoso sentiero),
erano presenti solo le cave di calcarinite e non un
rifugio o spiaggetta di pescatori. I primi in questo campo
a "colonizzare" la zona ad un centinaio di metri più avanti
dalla chiesetta, arrivarono solo verso il 1952, dando il nome
alla spiaggia adiacente a quella di Piedigrotta, detta
ancora oggi "spiaggia Malfarà", che prese il nome
dal primo pescatore che vi si insediò, appunto Bruno
Malferà, al quale storpiarono il cognome in Malfarà. Si
narra che altre due mareggiate successive, rubarono
il quadro miracoloso da dove era stato sistemato,
adagiandolo nel punto esatto in cui fu rinvenuto la
pri-ma volta dopo il famoso naufragio. Gli scalpellini
capirono il volere della Madonna ed esattamente di
fronte al rinvenimento nella nuda e liscia roccia
cominciarono ad ingrandire una grotta naturale ivi
esistente e conosciuta, con apertura più in alto.
Scavarono a colpi di piccone la nuova residenza
dell'Effige Sacra, ampliandola di volta in volta in
caso di pioggia, dall'abside (antro naturale) verso
il mare. Infatti, non potendo lavorare alle cave
col brutto tempo, gli scalpellini passavano le loro
ore picconando all'interno di Piedigrotta per ingrandire
sempre di più la chiesa. Ciò viene testimoniato anche
dai segni delle picconate, diversi di modo e periodo storico.
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