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domenica 2 marzo 2014

NERUDA-LEOPARDI-PAVESE INNO ALLE DONNE.



Corpo di donna


        Corpo di donna, bianche colline,
 cosce bianche,
tu rassomigli al mondo nel tuo
 atteggiamento d'abbandono.
Il mio corpo di contadino selvaggio
 ti scava
e fa saltare il figlio dal 
fondo della terra.

Sono stato solo come una galleria. 
Da me fuggivano gli uccelli
e in me la notte entrava con 
la sua invasione possente.
Per sopravvivermi ti ho forgiata 
Come un'arma,
come una freccia al mio arco, 
come una pietra nella mia fionda.

Ma cade l'ora della vendetta,
 e ti amo.
Corpo di pelle, di muschio, 
di latte avido e fermo.
Ah le coppe del petto! 
Ah gli occhi dell'assenza!
Ah la rosa del pube! 
Ah la tua voce lenta e triste!

Corpo di donna mia, 
persisterà nella tua grazia.
La mia sete, la mia ansia senza limite,
 la mia strada indecisa!
Oscuri fiumi dove la sete 
eterna continua,
e la fatica continua, 
e il dolore infinito.    


XVIII - ALLA SUA DONNA
DAI CANTI- DI GIACOMO LEOPARDI
Cara beltà che amore Lunge m'inspiri o nascondendo il viso, Fuor se nel sonno il core Ombra diva mi scuoti, O ne' campi ove splenda Più vago il giorno e di natura il riso; Forse tu l'innocente Secol beasti che dall'oro ha nome, Or leve intra la gente Anima voli? o te la sorte avara Ch'a noi t'asconde, agli avvenir prepara? Viva mirarti omai Nulla speme m'avanza; S'allor non fosse, allor che ignudo e solo Per novo calle a peregrina stanza Verrà lo spirto mio. Già sul novello Aprir di mia giornata incerta e bruna, Te viatrice in questo arido suolo Io mi pensai. Ma non è cosa in terra Che ti somigli; e s'anco pari alcuna Ti fosse al volto, agli atti, alla favella, Saria, così conforme, assai men bella. Fra cotanto dolore Quanto all'umana età propose il fato, Se vera e quale il mio pensier ti pinge, Alcun t'amasse in terra, a lui pur fora Questo viver beato: E ben chiaro vegg'io siccome ancora Seguir loda e virtù qual ne' prim'anni L'amor tuo mi farebbe. Or non aggiunse Il ciel nullo conforto ai nostri affanni; E teco la mortal vita saria Simile a quella che nel cielo india. Per le valli, ove suona Del faticoso agricoltore il canto, Ed io seggo e mi lagno Del giovanile error che m'abbandona; E per li poggi, ov'io rimembro e piagno I perduti desiri, e la perduta Speme de' giorni miei; di te pensando, A palpitar mi sveglio. E potess'io, Nel secol tetro e in questo aer nefando, L'alta specie serbar; che dell'imago, Poi che del ver m'è tolto, assai m'appago. Se dell'eterne idee L'una sei tu, cui di sensibil forma Sdegni l'eterno senno esser vestita, E fra caduche spoglie Provar gli affanni di funerea vita; O s'altra terra ne' superni giri Fra' mondi innumerabili t'accoglie, E più vaga del Sol prossima stella T'irraggia, e più benigno etere spiri; Di qua dove son gli anni infausti e brevi, Questo d'ignoto amante inno ricevi.
Poesia di Cesare Pavese
Donne appassionate 
 Le ragazze al crepuscolo 
scendono in acqua, 
quando il mare svanisce, 
disteso.
 Nel bosco ogni foglia trasale,
 mentre emergono caute 
sulla sabbia e si siedono a riva.
La schiuma fa i suoi giochi inquieti, 
lungo l'acqua remota. 
 Le ragazze han paura delle
 alghe sepolte sotto le onde, che afferrano 
le gambe e le spalle: 
quant'è nudo, del corpo. 
Rimontano rapide a riva e si chiamano a nome, 
guardandosi intorno.
 Anche le ombre sul fondo del mare,
 nel buio, sono enormi e si vedono 
muovere incerte, 
come attratte dai copi che passano.
 Il bosco è un rifugio tranquillo, 
nel sole calante, più che i greto,
 ma piace alle scure ragazze
 star sedute all'aperto,
 nel lenzuolo raccolto. 
 Stanno tutte accosciate,
 serrando il lenzuolo alle gambe, e contemplano 
il mare disteso come un prato al crepuscolo.
 Oserebbe qualcuna ora stendersi 
nuda in un prato?
 Dal mare balzerebbero le alghe, 
che sfiorano i piedi, a ghermire e ravvolgere
 il corpo tremante. Cl son occhi nel mare,
che traspaiono a volte. 
 Quell'ignota straniera, 
che nuotava di notte sola e nuda, 
nel buio quando muta la luna,
 è scomparsa una notte e non torna mai più.
 Era grande e doveva esser 
bianca abbagliante perché
 gli occhi, dal fondo del mare,
 giungessero a lei.

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