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sabato 9 marzo 2019

"Le donne libere? Sono un mito, nel senso che non esistono". Il punto di Dacia Maraini, femminista doc "La parola è universale, vero. Ma quest’universalità è improntata sull’androcentrismo..."

ARTICOLO TRATTO DA "ELLE"
08-03-2019
Il corpo femminile, scriveva
 Ida Magli, è sempre più linguaggio 
di mercato e sempre meno 
autonomia di azione e di pensiero.
 Se ne fa un uso universale; 
oltre che negli spettacoli di 
varietà, in qualsiasi pubblicità, 
nei programmi televisivi, 
perfino quando si parla di
 economia o di previsioni
 meteorologiche. La sua 
esposizione ammiccante è
 la nuova cifra iconografica
 della società in cui viviamo, 
e finisce per rappresentare la 
volontà palese di fare regredire
 il mondo delle libertà 
femminili.
L’emancipazione che
 noi donne abbiamo 
faticosamente guadagnato 
troppo spesso infastidisce
 e irrita: soprattutto gli 
uomini di potere. Le vecchie
 armi, però, basate sulle 
proibizioni e i dinieghi, 
appaiono ormai spuntate. 
Cosa possono inventarsi i
 maschi per disattivare 
alcuni diritti che ormai 
diamo per scontati? Fingeranno 
forse che la vera libertà non 
consista nella conquista 
degli studi, dell’autonomia, 
della dignità, ma nel 
mostrarsi sempre più 
seducenti e spregiudicate. 
Le donne sono inchiodate
 al proprio corpo da 
un doppio destino: bellezza
 (e lusinga) da una parte,
 dipendenza economica
 (e sociale) dall’altra. 
Si fa di tutto per limitare
 il linguaggio femminile
 profondo, per ridurre la 
donna a un’epifania di 
organi in mostra. Perché
 le donne dovrebbero usare 
i linguaggi che le 
metterebbero in competizione 
con gli uomini? Perché 
dovrebbero dire qualcosa 
di proprio? Perché dovrebbero 
pretendere di elaborare 
qualcosa di nuovo su politica,
 economia, futuro, arti, 
amore, sesso? La parola
 è universale, vero. Ma
 quest’universalità è improntata
 sull’androcentrismo. 
Certo: non si tratta di 
soggezione buia, nera,
 come quella delle donne
 musulmane costrette
 dentro uno scafandro 
di stoffa che toglie loro 
visuale e visibilità.
Il mercato ha altri modi
 di sottomettere e costringere, 
elaborando il mito di una
 donna libera e padrona
 di sé. Non è meraviglioso
 guardare una ragazza che
 si avvia verso il futuro, 
bellissima, truccatissima,
 con i capelli al vento, 
la pancia di fuori e qualche
 tatuaggio visibile? Il paradosso
 è che in realtà le due prigioni 
si assomigliano: allo scafandro
 sotto cui si trova mortificato 
e muto il corpo femminile, 
equivale, nel senso opposto, 
l’esibizione insistita del corpo 
femminile semivestito che
 strizza l’occhio al compratore.
Ragazze: sono due forme
 di espropriazione. Due
 modi di asserire la nullità
 di quel corpo che ancora
 una volta esiste in quanto 
proprietà di un patrocinatore,
 di un venditore, di un manager
. Di un commerciante di carne umana.
scritto da Dacia Maraini


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