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venerdì 6 novembre 2020
Mariam Soulakiotis: la madre superiora killer
TRATTO DA IL PARANORMALE.COM
Quando è che un culto o la religione
diventa fanatismo? Probabilmente
quando si perde di vista i principi
fondamentali sui cui sono basati per
estremizzare i dettagli e distorcerli
a proprio interesse.
Tralasciando le sette a scopo sessuale
o di truffa, la maggior parte dei culti
e delle religioni professa la fratellanza,
il sostegno reciproco, il perdono, l’amore
per il prossimo… tutti principi integerrimi;
eppure ogni religione nella storia ha
provocato morte e distruzione. Perché
succede questo?
Sono davvero tantissimi i motivi:
intolleranza, odio, denaro, potere,
ma uno dei peggiori è un indottrinamento
estremo. Ancora oggi a capo di alcuni
culti ci sono persone che compiono atrocità
nella convinzione di fare del bene, e non è
una battuta: gli esorcismi fino alla morte
del soggetto ne sono un esempio, i suicidi
di massa sono un altro, ma potrei andare
avanti per parecchio. Il concetto è che
spesso la mente delle persone è talmente
vulnerabile da convincerle che un’opera
malvagia sia necessaria per ottenere la
grazia divina.
Uno dei moltissimi esempi fu probabilmente
quello di Mariam Soulakiotis, una donna
che per mantenere il rigore e la dottrina
ferrea del suo ordine uccise 177 persone,
per lo più donne (si pensa di più, ma
atteniamoci ai dati ufficiali): era talmente
presa dal suo ruolo che torturò, affamò,
punì e uccise i suoi stessi seguaci in
nome della devozione a Dio.
Mariam Soulakiotis nacque nel 1900 nelle
campagne intorno ad Atene e crebbe in una
famiglia contadina molto povera e
profondamente religiosa. La sua infanzia
non fu segnata da tragedie o problemi
familiari, ma nel 1923 alla ragazza venne
offerta una scappatoia alla sua vita fatta
di miseria: un monaco greco, Padre Matthew,
nel 1920 aveva istituito una setta religiosa
chiamata “i nuovi calendaristi” e aveva fatto
edificare un convento di suore a circa 30 km
a sud-est di Atene, nei pressi di Keratea;
alla ragazza offrì la possibilità di
accedere all’ordine e di aiutarlo a
gestirlo, previo un piccolo periodo
di noviziato.
Padre Matthew era un greco ortodosso
in dissidio con i calendaristi e
per protesta aveva fondato la setta
dei nuovi calendaristi per riportare
i principi di povertà, devozione e
disciplina che secondo lui erano venuti
meno nella comunità a cui apparteneva.
Creo quindi un convento di suore e un
monastero di frati affinchè i suoi
principi venissero insegnati ai
loro praticanti.
Il monaco rimase a capo delle due
istituzioni fino al 1939, quando
morì ultraottantenne. In quegli anni
Mariam scalò velocemente i ranghi
della setta grazie al suo carattere
forte e autoritario e alla morte di
Padre Matthew prese il comando della
setta, fondendo i due monasteri in un
unico culto e dando il via a una
politica molto rigida.
La madre superiora iniziò un
reclutamento a larga scala inviando
monaci e monache soprattutto alle
case di gente facoltosa; il loro
predicare ottenne un certo successo
nelle donne che, convinte a seguire
il culto, vennero raggirate al punto
di abbandonare la loro vita mondana e
ogni bene terreno in cambio della clausura
in convento nella speranza della
salvezza eterna. Convinte da Mariam
Soulakiotis di essere peccatrici
destinate all’inferno, le donne
venne totalmente assoggettate al
culto: passavano giorni in preghiera
o meditazione senza dormire, si
flagellavano o frustavano per
autopunizione, mantenevano il
rigido silenzio e soprattutto
devolvevano le loro proprietà
alla setta per dimostrare la
loro cieca fede.
Qualcosa però col tempo cambiò
e quella che era nata come
una scelta volontaria di clausura
divenne una prigione infernale
dove, una volta cedute le proprie
ricchezze al culto, si veniva
torturati fino alla morte.
Nel 1949 gli abitanti dei villaggi
locali cominciarono a spettegolare
su urla e pianti disperati provenienti
dal convento: Mariam Soulakiotis dominava
i suoi discepoli su ogni aspetto della
loro vita, tagliando il loro contatto
con i parenti, ingabbiandoli come
animali e ricorrendo alla fame,
alla fustigazione e alla tortura
per “eliminare da loro i demoni”.
Il culmine fu quando una donna
molto influente di Tebe si unì
al culto con le sue quattro figlie:
tutte e cinque morirono entro sei mesi
dal loro arrivo, ma prima che la donna
spirasse la sue urla furono udite
per caso una notte in cui due abitanti
del villaggio ubriachi passarono da
quelle parti. I due scalarono la
recinzione e videro la donna
incatenata a un muro, coperta
di sangue e segni evidenti di
frustate e tagli su tutto il corpo.
I due denunciarono il fatto alle
autorità e nei primi mesi del 1950
Mariam Soulakiotis venne arrestata
con 23 capi d’accusa che comprendevano
omicidio, frode, appropriazione
indebita, rapimento, tortura e
aggressione.
Nel settembre del 1951 iniziò
il processo a Mariam Soulakiotis,
ma le prove degli omicidi non c’erano
perché non vennero ritrovati corpi
all’interno del convento e molti di
quelli seppelliti al cimitero locale
vennero giustificati come accidentali.
Dai registri della madre superiora però
il procuratore Andreas Papakaris scoprì
che circa 500 persone che avevano aderito
ai nuovi calendaristi risultavano al
momento scomparsi ciò bastò ad una
condanna di 16 anni di carcere.
Solo successivamente, quando si aprì
il processo ad otto suore e un falso
vescovo si riuscì a collegare le morti
alle attività della donna: gli imputati
vennero accusati di ritenuta di cibo
e mancanza di cure mediche ad un
monaco e tre suore, causando la
loro morte con lo scopo di ottenere
le loro proprietà con la frode.
Ovviamente loro scaricarono la
colpa sulla madre superiora ed
in virtù della loro testimonianza
ebbero un forte sconto di pena.
Il 6 febbraio, 1953 la Soulakiotis
subì un aumento di pena di 10 anni
di prigione, una delle suore imputate
ricevette una condanna a 10 anni,
un’altra suora, considerata solo
un’esecutrice, di 3 anni e il falso
vescovo 1 anno di prigione. Mariam
Soulakiotis è stato nuovamente sottoposta
a processo con l’accusa di appropriazione
indebita, frode, detenzione illegale e
l’abuso di un membro di convento.
Mariam Soulakiotis scontò però ben
poco della sua pena perché morì in carcere
nel 1954 all’età di 71 anni. Solo
successivamente nei dintorni del
convento di Keratea vennero trovate
delle fosse comuni con decine di corpi
ammassati dei seguaci del culto, per
lo più donne. La stima fu di 177
morti a causa degli stenti, dei
trattamenti disumani e delle torture.
FONTE: Misteri dal Mondo – Credere Per Vedere
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