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mercoledì 8 gennaio 2025
biografia:Giacomo Leopardi
TRATTO DA BIOGRAFIE
Giacomo Leopardi nacque il 29 giugno del 1798
a Recanati (Macerata) dal conte Monaldo e da
Adelaide dei Marchesi Antici. Il padre, dotato
di squisiti gusti letterari e artistici, riuscì
a collezionare un'importante biblioteca domestica,
contenente migliaia di libri e che vedrà il giovane
Giacomo frequentatore assiduo, tanto che a tredici
anni già si dilettava di letture greche, francesi e
inglesi, di fatto insensibile alle esortazioni paterne
che avrebbe voluto per lui la conduzione di una vita
più sana e dinamica.
Nella biblioteca di casa trascorre i "sette anni
di studio matto e disperatissimo" nella volontà di
impossessarsi del più ampio universo possibile: sono
anni che compromettono irrimediabilmente la salute
e l'aspetto esteriore di Giacomo, fonte fra l'altro
delle eterne diceriesulla nascita del cosiddetto pessimismo
leopardiano. Leopardi stesso si è invece sempre opposto
al tentativo di svilire la portata delle sue convinzioni,
contestando che queste nascessero da quelle. La verità
è che il precoce letterato soffriva di una forma di
ipersensibilità che lo teneva lontano da tutto ciò
che avrebbe potuto farlo soffrire, tra cui vanno
ascritti di diritto i rapporti interpersonali. A
diciotto anni scriveva odi greche facendole credere
antiche, e cominciava a pubblicare opere
d'erudizione storica e filologica. Il padre
Monaldo, organizzava accademie in famiglia per
farvi brillare l'ingegno del figlio, ma questi
ormai sognava un mondo più grande, un pubblico
più vario e meno provinciale.
Tra il 1815 ed il 1816 si attua quella
che è divenuta famosa come la "conversione letteraria"
di Leopardi, il passaggio cioè dalla semplice
erudizione alla poesia; quella che lo stesso
Leopardi definì appunto "passaggio dalla erudizione
al bello". Seguirà l'abbandono della concezione
politica reazionaria del padre ed il distacco
dalla religione cattolica.È il 1816, in particolare,
l'anno in cui più distintamente la vocazione alla
poesia si fa sentire, pur tra le tante opere di
erudizione che ancora occupano il campo: accanto
alle traduzioni del primo libro dell'Odissea e
del secondo dell'Eneide, compone una lirica,
"Le rimembranze," una cantica e un inno.
Interviene nella polemica milanese tra classici
e romantici. Nel 1817 si registrano nuove traduzioni
e prove poetiche significative.
La vita di Giacomo Leopardi in sè è povera di
vicende esteriori: è la "storia di un'anima".
(Con questo titolo il Leopardi aveva immaginato
di scrivere un romanzo autobiografico). È un
dramma vissuto e sofferto nell'intimità dello
spirito.È il 1816, in particolare, l'anno in
cui più distintamente la vocazione alla poesia
si fa sentire, pur tra le tante opere di erudizione
che ancora occupano il campo: accanto alle traduzioni
del primo libro dell'Odissea e del secondo
dell'Eneide, compone una lirica,
"Le rimembranze," una cantica e un inno.
Interviene nella polemica milanese tra
classici e romantici. Nel 1817 si registrano
nuove traduzioni e prove poetiche significativeIl poe
ta, e così nella sua trasfigurazione
l'essere umano "tout-court" aspira ad
un'infinita felicità che è totalmente
impossibile; la vita è inutile dolore;
l'intelligenza non apre la via ad alcun
mondo superiore poiché questo non esiste
se non nell'illusione umana; l'intelligenza
serve soltanto a farci capire che dal nulla
siamo venuti e al nulla torneremo, mentre la
fatica e il dolore di vivere nulla costruiscono.
Nel 1817, sofferente per una deformazione
alla colonna vertebrale e per disturbi nervosi,
stringe rapporti epistolari con Pietro Giordani,
che conoscerà di persona solo l'anno dopo e che
presterà sempre umana comprensione agli sfoghi
dell'amico. In questo periodo il grande poeta
comincia fra l'altro ad annotare i primi pensieri
per lo Zibaldone e scrive alcuni sonetti. Il 1818,
invece, è l'anno in cuiLeopardi rivela la sua conversione,
con il primo scritto che abbia valore di manifesto poetico:
il "Discorso di un Italiano intorno alla poesia romantica",
in difesa della poesia classica; inoltre pubblica a Roma,
con dedica a Vincenzo Monti, le due canzoni "All'Italia"
e "Sopra il monumento di Dante". Intanto, è colpito da
una grave malattia agli occhi che gli impedisce non solo
di leggere, ma anche di pensare, tanto che più volte
medita il suicidio.
Matura in questo clima la cosiddetta "conversione filosofica",
ossia il passaggio dalla poesia alla filosofia, dalla condizione
"antica" (naturalmente felice e poetica) alla "moderna"
(dominata dall'infelicità e dalla noia), secondo un percorso
che riproduce a livello individuale l'itinerario che il
genere umano si trovò a compiere nella sua storia. In
altre parole, la condizione originaria della poesia si
allontana ai suoi occhi sempre più nelle epoche passate,
e appare irriproducibile nell'età presente, dove la
ragione ha inibito la possibilità di dare vita ai fantasmi
della fantasia e dell'illusione.Sfortunatamente, in questo
periodo si innamora pure segretamente della cugina Geltrude
Cassi Lazzari, che rappresenta uno dei suoi tanti amori non
corrisposti, amori ai quali il poeta attribuiva capacità
quasi salvifiche di lenimento delle pene dell'anima. Finalmente
nel febbraio del 1823 Giacomo può realizzare, col permesso paterno,
il sogno di uscire da Recanati dove si sentiva prigioniero di
un ambiente mediocre, che non lo sapeva né lo poteva comprendere.
Ma recatosi a Roma presso lo zio materno, rimane profondamente
deluso dalla città, troppo frivola e poco ospitale.Lo commuove
soltanto il sepolcro del Tasso. Ritornato a Recanati,
vi rimane due anni. Prende poi dimora a Milano (1825)
dove conosce Vincenzo Monti; e poi ancora a Bologna
(1826), Firenze (1827), dove conosce Vieusseux, Niccolini,
Colletta, Alessandro Manzoni, e Pisa (1827-28).
Si mantiene con lo stipendio mensile dell'editore
milanese Stella, per il quale cura il commento alle
rime del Petrarca, esegue traduzioni dal greco e compila
due antologie di letteratura italiana: poesie e prose.
Venutegli a mancare queste entrate torna a Recanati
(1828). Nell'Aprile del 1830 torna a Firenze su invito
del Colletta; qui stringe amicizia con l'esule napoletano
Antonio Ranieri, il cui sodalizio durerà sino alla morte
del poeta.Nel 1831 vede la luce a Firenze l'edizione dei
"Canti". Nel 1833 parte con Ranieri alla volta di Napoli,
dove due anni più tardi firma con l'editore Starita
un contratto per la pubblicazione delle proprie opere.
Nel 1836, per sfuggire alla minaccia del colera,
si trasferisce alle falde del Vesuvio, dove compose due grandi
liriche: "Il tramonto della luna" e "La ginestra".
Il 14 giugno 1837 muore improvvisamente, a soli 39 anni,
per l'aggravarsi dei mali che lo affliggevano da tempo.
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