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mercoledì 10 settembre 2025
ITINERTARI NAPOLETANI:Parco e Tomba di Virgilio.
TRATTO DA OPEN CAMPANIA
Il sepolcro immortale
Meta di culto obbligatoria per generazioni e
generazioni di poeti e intellettuali, il Parco
e la Tomba di Virgilio si estendono lungo quella
che i greci chiamavano "Pausilypon", ovvero un
luogo dove le pene e le ansie si sciolgono,
attenuate dalla pace e dalla quiete suscitate
dallo spettacolare panorama del golfo di Napoli.
Ancora oggi, dopo migliaia di anni, questo luogo
immortale, ricco di miti, storie e natura, continua
ad ispirare l'immaginazione, la curiosità e la
fantasia di visitatori provenienti da ogni parte
del mondo
Storia del sito
Esteso lungo le pendici orientali del promontorio
di Posillipo, nei pressi della stazione ferroviaria
di Mergellina e alle spalle della chiesa di Santa Maria di Piedigrotta,
il parco ospita un gran numero di monumenti estremamente
significativi per la storia partenopea, tra cui i sepolcri
dei poeti Publio Virgilio Marone (Andes, 15 ottobre 70 a.C.
– Brindisi, 21 settembre 19 a.C.) e Giacomo Leopardi
(Recanati, 29 giugno 1798 – Napoli, 14 giugno 1837).
Già in epoca antica, il luogo divenne sacro per
gli ammiratori di Virgilio e fu a lungo meta
privilegiata per poeti, intellettuali, cronisti
e viaggiatori, italiani e stranieri, come Stazio,
Plinio il Giovane, Silio Italico, Petrarca, Boccaccio e
Cino da Pistoia. Tuttavia, sull’autenticità dei
sepolcri di Virgilio e Leopardi continuano a
sussistere controversie e dubbi dati da
informazioni a volta contrastanti.
L’inaugurazione del parco ebbe luogo
nel 1930, dopo un consistente intervento
di consolidamento che diede all’area la
fisionomia ancora oggi osservabile, ricca
di scorci paesaggistici molto interessanti.
Patrimonio
A seguito delle opere di ripavimentazione
e rifacimento del piano stradale eseguite
in più fasi da Alfonso d’Aragona nel 1455,
da don Pedro di Toledo nel 1548, da Carlo
di Borbone nel 1748 e dal Comune di Napoli nel 1893,
la grotta ha perso buona parte della sua antica
fisionomia.
Ai lati dell’ingresso sono però tuttora visibili
due nicchie affrescate: quella di sinistra con
una raffigurazione di Madonna con Bambino databile
al XIV secolo, quella di destra con il volto
dell’Onnipotente di incerta datazione.
All’entrata del parco, imboccando il viale che
sale con più rampe lungo le pendici collinari,
si trova invece un’imponente edicola fattavi
collocare nel 1668 dal viceré Pietro d’Aragona,
contenente due iscrizioni nelle quali si ricorda
anche la presenza della tomba virgiliana.
Poco lontano, in una grande nicchia sulla parete,
si trova un busto di Virgilio su colonnina, omaggio
nel 1931 degli studenti dell’Accademia dell’Ohio.
Alla fine della seconda rampa, su uno spiazzo a
destra, si estende l’area dedicata alla tomba e
salendo ancora, si giunge alla piazzola davanti
l’ingresso orientale della Crypta Neapolitana.
Si tratta di una delle più antiche gallerie del
mondo, scavata in età augustea per facilitare
i collegamenti tra Napoli ed i Campi Flegrei.
Un bassorilievo in marmo bianco raffigurante
il dio Mitra, datato tra la fine del III e
l’inizio del IV secolo d.C., fu rinvenuto durante
il restauro aragonese o nel corso dei lavori
eseguiti all’epoca del vicereame spagnolo. Ora
conservato presso il Museo Archeologico Nazionale
di Napoli, il rilievo ha portato gli studiosi ad
ipotizzare che la Crypta fosse un tempo un luogo
di culto mitriaco. Influenzata non poco dai culti
misterici, la superstizione popolare da sempre
descrive la grotta come luogo enigmatico e magico,
al punto che il solo attraversarla indenni era
considerato un vero e proprio miracolo.
Il mausoleo funerario di Virgilio, edificato
in opus reticulatum agli inizi dell’età imperiale,
è del tipo a colombario, con tamburo cilindrico su
basamento quadrangolare, in cui è ricavata la cella
funeraria a pianta quadrata con volta a botte.
Nota anche come “Grotta vecchia di Pozzuoli”,
questa galleria fu costruita in età augustea dal
liberto Lucius Cocceius Aucto, architetto di Agrippa
ed ammiraglio di Ottaviano, secondo Strabone (V, 4, 6).
Menzionata nella Tabula Peutingeriana (una carta
con itinerari stradali di epoca tardo imperiale)
e ricordata oltre che da Strabone anche da Donato,
Seneca, Petronio ed Eusebio, il cunicolo risulta
scavato interamente nel tufo per una lunghezza di
705 metri, una larghezza originaria di 4,50 metri
ed un’altezza di circa 5,00 m.
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