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domenica 22 giugno 2014

CARTESIO: L'ESISTENZA DI DIO.
















BIOGRAFIA:

Nome italianizzato del filosofo e 
scienziato francese René Descartes
 (La Haye 1596-Stoccolma 1650). 
Nato da famiglia di piccola nobiltà,
 fu educato presso il collegio 
gesuitico di La Flèche. Abbandonati 
gli studi, prese parte alla
 guerra dei Trent'anni e 
durante una tregua ebbe
 l'ispirazione di una filosofia
 profondamente rinnovata. 
Nel 1629 C. si rifugiò in Olanda
 per meglio attendere ai suoi
 studi e per sfuggire all'Inquisizione.
 Da qui intrecciò una fitta 
corrispondenza con i dotti 
di tutta Europa, attraverso
 la mediazione di M. Mersenne.
 Recatosi nel 1649 alla corte
 della regina Cristina di Svezia
per insegnarvi filosofia,
 vi morì l'anno seguente 
per un attacco di polmonite.

Il pensiero filosofico:

 l'esistenza di Dio

Solo l'esistenza di Dio può
 vincere l'incertezza che il genio
 maligno getta su ogni conoscenza
 ed è l'esperienza della libertà 
che mi conduce all'affermazione 
di tale esistenza. Cartesio segue
 tre vie per dimostrare l'esistenza
 di Dio. Le prime due muovono
 dalla mia imperfezione e dalla 
presenza in me dell'idea di 
qualcosa di perfetto per 
concludere all'esistenza di Dio, 
mentre la terza è una ripresa della prova 
“a priori” di Sant'Anselmo
La dimostrazione dell'esistenza
 di Dio mi garantisce dunque contro
 ogni ipotesi di genio maligno, 
poiché Dio, in quanto perfetto,
 non può essere menzognero.
 Egli pertanto non può ingannarmi 
quando io giungo all'evidenza,
 né può ingannarmi popolando
 il mio pensiero di fantasmi fallaci.
 Io avverto in me la tendenza
 irresistibile a considerare ciò
 di cui ho idea come esistente
 anche esistente in realtà. 
L'esistenza di Dio garantisce
 anche questa mia tendenza naturale.
 Dio dunque è garante dell'esistenza 
del mondo. Egli è garante della 
verità, nel senso cioè che la sua
 esistenza garantisce che ciò che 
è stato colto una volta come vero
 continua immutabilmente a essere
 vero, indipendentemente dalla mia
 capacità di ripercorrere quella 
catena di evidenze che mi aveva
 condotto all'affermazione della
 verità. Dio dunque propriamente
 è garante della permanenza della
 verità. Sembra a questo punto, 
sulla base del metodo dell'intelletto
 finora elaborato, che ogni 
possibilità di errore sia negata.
 L'errore è tuttavia possibile
 per la maggior estensione, 
per così dire, della volontà 
dell'intelletto. La volontà 
infatti può precipitare il 
giudizio pronunciandolo 
prima che l'intelletto sia
 pervenuto all'evidenza 
(Principia philosophiae, 1647).
Fu spesso rimproverato a
 Cartesio di essere caduto 
in un circolo vizioso fondando 
la dimostrazione dell'esistenza 
di Dio attraverso il criterio 
dell'evidenza e giustificando
 successivamente tale criterio 
con la dimostrazione dell'esistenza
 di Dio. In realtà questa 
accusa non è legittima, poiché
 Dio, come abbiamo visto,
 non fonda propriamente 
la verità, ma ne garantisce 
semplicemente la permanenza
. Inoltre il cogito e Dio
 non sono verità a cui si 
perviene secondo uno 
schema dimostrativo di 
tipo sillogistico, ma evidenze, 
cioè verità che mi si impongono 
per la loro stessa forza, come
 in se stesse trasparenti e 
indubitabili. A questo sono 
giunto attraverso il metodo; 
con lo sforzo di attenzione che
 esso mi propone ho colto al 
tempo stesso l'indubitabilità 
di me che dubito e la presenza 
dell'idea d'infinito in me; ho 
colto cioè me come essere 
pensante e Dio, e mi sono 
aperto all'ammissione 
dell'esistenza reale di tutto 
ciò la cui esistenza si presenta
 al mio pensiero come evidente. 
Cartesio è pertanto riuscito
nel proprio intento contro
 il naturalismo libertino e il 
conseguente ateismo, trovando
 in Dio la garanzia dell'esistenza 
del mondo e realizzando quindi 
una filosofia religiosa. La sintesi 
a cui egli è pervenuto si presenta 
nuova e antica. Nel suo pensiero 
coesistono entrambe le componenti. 
Nuova, perché egli ha riproposto
 un pensiero religioso su basi 
affatto differenti rispetto a quelle
 della Scolastica; antica, 
perché egli è rimasto ancorato 
senza alcuna esitazione a
 una concezione di armonica 
cospirazione di ragione e 
fede, quale si trova in
San Tommaso. Tuttavia è
 proprio questa duplicità del 
pensiero di Cartesio che 
costituisce la sua grandezza
 e giustifica le divergenti
 interpretazioni che di lui sono
 state date. Da un lato infatti 
egli sembra fondare la libertà 
dell'uomo, e quindi in ultima
 analisi la sua stessa capacità 
di conoscere, sull'ammissione 
dell'esistenza di Dio, dall'altro
 egli sembra suggerire la radicale 
autonomia dell'uomo, che è 
unico arbitro, attraverso il 
criterio dell'evidenza, della 
verità. Anzi è precisamente 
questo aspetto, per così dire,
 laico della sua filosofia, che 
nel corso dei successivi 
sviluppi della storia del pensiero
 è stato più frequentemente
 ripreso; questa ambivalenza
 del suo pensiero spiega come 
si sia potuto interpretare Cartesio
 ora come filosofo religioso, 
ora come scienziato, ora come 
iniziatore di una dottrina dell'autonomia
 e dell'immanenza della ragione, 
che troverà il proprio
 compimento nell'idealismo.

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