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sabato 14 novembre 2015
ANNI DI PIOMBO-LE VITTIME DIMENTICATE DALLO STATO.
ARTICOLO DI "LETTERA 43"
Alessandro Sarcinelli.
L’Italia dimenticata e
l’Italia da dimenticare.
Lo cantava Francesco De
Gregori nel 1979. Nel 2014
c’è chi ancora aspetta che
lo stato si ricordi di lui.
Bambini gravemente feriti
nelle stragi nere, oggi
adulti, sono tuttora in
attesa di un risarcimento.
Mentre i gambizzati dalla
sinistra eversiva portano
ancora nel corpo segni e
cicatrici di quegli anni.
Per chi non è stato toccato
direttamente dal terrorismo
gli Anni di piombo
sono lontani: cose da
libri di storia.
Poi ci sono loro, i
feriti e i parenti
delle vittime. «Molti
si sono persi, come
delle monadi. Si sono
chiusi in loro stessi.
Non hanno neanche
mai voluto partecipare
ai momenti di memoria
collettiva» afferma
Federico Sinicato,
avvocato di Parte civile
per i parenti delle
vittime delle stragi
di Piazza Fontana e
Piazza della Loggia.
428 MORTI E OLTRE 2.000
FERITI. Difficile dare
un numero preciso, tuttavia,
stando a quelli forniti
dall’Associazione italiana
vittime del terrorismo,
tra il 1969 e il 1988 ci
sono stati 428 morti per
attentati di terrorismo.
A questi si aggiungono
circa 2.000 feriti, in
condizioni diverse tra
loro per il recupero
sia fisico sia psicologico.
Secondo molti lo Stato
non ha fatto la sua parte
per aiutare le persone
coinvolte a superare il
dramma. La prima legge
organica a favore delle
vittime del terrorismo
(L. 206/2004), dopo
innumerevoli rinvii,
è stata fatta nel 2004.
Tuttavia a 10 anni
dall’approvazione si
fa ancora fatica ad
applicarla.
PROBLEMI CON LE PENSIONI
DI INVALIDITÀ. Quattro
persone che all’epoca
delle stragi erano bambini
non hanno ancora ottenuto
la pensione. A tutti e
quattro è stata riconosciuta
un’invalidità superiore
all’80%, in un caso del
100%. «Se siamo in questa
situazione è grazie all’Inps»
, attacca Paolo Bolognesi,
presidente dell’associazione
dei famigliari delle
vittime della strage di
Bologna, «sostengono che
non hanno diritto a nulla
perché all’epoca dei fatti
non avevano una posizione
pensionistica».
Oltre a questi casi eclatanti,
ci sono altri 60 feriti
con aspetti previdenziali
ancora da chiarire. Bolognesi
ha fiducia che la situazione
si sblocchi definitivamente
entro il 9 maggio, il giorno
della memoria per le vittime
di terrorismo e delle stragi
. Di recente aveva ricevuto
rassicurazioni dal governo
Letta. Nei prossimi mesi si
vedrà se anche il nuovo
esecutivo si interesserà
all’argomento.
«La rabbia ti rimane e se
percepisci che lo Stato
non ti ha tutelato è ancora
più amplificata», racconta
Sinicato. Un sentimento
ancora vivo tra i parenti
delle vittime di Piazza
della Loggia.
Il 20 febbraio Vito
D’ambrosio, procuratore
generale della Cassazione,
ha chiesto di annullare
la sentenza di assoluzione
per due imputati della
strage: Carlo Maria Maggi,
Maurizio Tremonte. A 40
anni esatti dalla strage
ancora non si ha una
verità giudiziaria.
IOSA, DUE ANNI PER TORNARE
A CAMMINARE. Ma anche chi
è stato colpito dall’estremismo
opposto conosce bene
quella rabbia. Antonio
Iosa per tutti gli anni ’70
col suo circolo “Carlo Perini”
ha cercato di portare
cultura a Quarto Oggiaro,
quartiere di sottoproletariato
milanese; ha fatto dialogare
cattolici e marxisti e ha
subito attacchi fascisti.
Poi il 28 marzo 1980 le Br
fecero
irruzione ad una conferenza
a cui era presente. Tra le
tante persone in sala lui fu
uno dei prescelti: un
brigatista gli puntò una
pistola, urlò «ecco cosa
succede ai servi di Cossiga»
e gli sparò alle gambe.
C'È CHI NON SI LIBERA DAGLI
INCUBI. Le pallottole
lesionarono il nervo
sciatico e l’arteria
tibiale e solo due
operazioni da sette
ore ciascuna lo salvarono
dall’amputazione della
piede destro. Per tornare
a camminare ci mise due
anni, gli incubi e flash-back
sulla gambizzazione, invece,
lo accompagnano ancora oggi.
Su come lo Stato ha trattato
le vittime del terrorismo ha
le idee chiare: «I feriti
sono stati dimenticati.
Siamo scomodi per lo Stato.
Per quanto chiediamo dei
diritti non è facile ottenerli».
Iosa punta il dito anche contro
l’atteggiamento di determinati
ambienti di sinistra:
«Cooperative rosse e
parrocchie hanno fatto a
gara per aiutare gli ex
terroristi». A lui rimane
una cicatrice lungo tutta
la gamba.
MITRALIA, GAMBIZZATO IN
CASA SUA. Un’esperienza
simile a quella di Iosa
l’ha vissuta Mario Miraglia.
Dirigente d’azienda, si
avvicinò alla politica
nel 68, entrò nel Pdup
(Partito di unità proletaria),
fu uno dei fondatori del
Manifesto, quotidiano
comunista, e collaborò
con il sindacato. Un
uomo apertamente schierato
a sinistra, ma non abbastanza
per non essere definito
«venduto al capitalismo»
dai Reparti comunisti
d’attacco, una piccola
formazione eversiva.
Nel febbraio del 1980,
infatti, in due suonarono
alla porta di casa sua
con la scusa di vendergli
Famiglia Cristiana,
legarono la moglie e il
figlio, appena 18enne,
poi portarono Miraglia
in camera, lo misero sul
letto e gli spararono
alle gambe.
A differenza di Iosa la
convalescenza fu meno
travagliata e si riprese
in poche settimane. Ma
soprattutto non si sentì
mai solo: «Venne a trovarmi
una folla di gente, tra
cui Carlo Tognoli, allora
sindaco di Milano. Se mi
sono lasciato alle spalle questo
episodio è grazie alla
solidarietà diffusa che
ricevetti».
Per chi aiuta concretamente
l’autorità giudiziaria
per l’individuazione dei
concorrenti, la pena
dell’ergastolo è sostituita
da quella della reclusione
da dodici a venti anni e
le altre pene sono diminuite
da un terzo alla metà per
delitti commessi per
finalità terroristiche.
Sono questi gli sconti di
pena previsti per la
dissociazione (L. 15/1980),
una delle leggi fatte per
combattere il terrorismo.
LA POLITICA PREFERISCE IL
SILENZIO. Chi difende le
vittime considera questi
provvedimenti dei regali:
«Non hanno fatto fare dei
passi avanti alla giustizia
e chi ha ucciso o ferito
non ha mai pagato dazio
fino in fondo», afferma
Bolognesi.
Per Sinicato la politica
si è ben guardata dal fare
una vera lotta al terrorismo:
«I processi per le stragi
nere non stati fatti perché
si temeva un collegamento
con il potere di allora.
I processi ai brigatisti
rossi, invece, sono stati
e una certa area di sinistra
non ha mai voluto calcare
la mano: in fondo erano i
compagni che avevano sbagliato».
TANTE PERSONE DIMENTICATE.
Sotto questo ingranaggio
ideologico e di potere sono
rimaste incastrate tante
persone. Come i genitori di
A., scomparso nella strage
di Bologna. Hanno lasciato
la sua cameretta esattamente
come era il 2 agosto 1980.
Per loro la storia è finita
quel giorno perché non hanno
mai accettato la morte del
figlio. E come Carlo Arnoldi,
che a 15 anni ha avuto il
coraggio di guardare il volto
sfigurato del padre dopo la
strage di piazza Fontana e oggi
gira per le scuole a raccontare
gli Anni di piombo. Le migliaia
di altre storie rimangono nascoste,
perse in giro per l’Italia.
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