anche questo fa parte della nostra vita.
una lettera tratta da "marieclaire"
Ricordo di un piccolo borgo d'Italia
che non c'è più: che un
bambino, ragazzo,
uomo descrive
alla perfezione.
Questo è il racconto di
Davide Guerra su com'era
Amatrice prima che la colpisse
il terremoto del 24 agosto
2016 «ho scritto il mio ricordo
di Amatrice: l'ho fatto con un
taglio mio, ma ovviamente
non sono uno scrittore né
un giornalista» "sono solo
uno che è vissuto e ama tanto
quei luoghi" verrebbe da
aggiungere a questo ricordo
di uno dei borghi d'Italia più
segreti distrutto dalterremoto
del Centro Italia.
Dal piccolo delle sue 2.500
anime, Amatrice è sempre stata
ospitale con tutti: villeggianti,
motociclisti di passaggio,
chi arriva solo per mangiare
un piatto di pasta fatto a
regola d’arte e poi scappa
via.
La conosco da sempre, da
quando mio padre comprò
una casa in una piccola
frazione a una manciata
di chilometri per passarci
le vacanze estive. Nel
nostro paesino, come nella
maggior parte delle decine
di frazioni, ci sono pochissimi
residenti e spesso non
c’è nemmeno un bar o un
alimentari, quindi Amatrice
è sempre stata punto di
aggregazione per noi
villeggianti per qualunque
necessità.
Da bambino, quando
eravamo in vacanza,
andavo ad Amatrice con
papà per fare colazione
al nostro bar preferito,
a prendere il giornale o
a comprare la pizza con
gli “sfrizzoli” da portare
a mamma. Poi la sera tutti
a giocare a nascondino fino
a mezzanotte, tanto siamo
ad Amatrice, cosa vuoi
che succeda?
Ci andavo da adolescente
con gli amici, sempre alla
ricerca di qualche genitore
paziente che ci accompagnasse
in auto, altrimenti si facevano
quei 6 chilometri a piedi,
o in autobus, o in autostop.
Poco importava, bisognava
a tutti i costi raggiungere
la “metropoli”. Si andava
per conoscere qualche
ragazza o per spendere la
paghetta in sala giochi. In
quegli anni ho stretto i
rapporti con quello che
ora è il mio migliore amico,
ho vissuto i primi amori,
ho perso intere giornate a
passeggiare su Corso
Umberto I, oppure seduto
al Bar Ferretti con
un’acqua minerale. Si
cantavano i Queena
squarciagola per ricordare
la recente dipartita di
Freddie Mercury, senza
alcuna vergogna. C’era
un senso di libertà e di
pace che per un ragazzo
che vive al centro di Roma
erano quasi innaturali.
C’erano genitori tranquilli
perché tanto siamo ad
Amatrice, cosa vuoi
che succeda?
Negli anni della maturità
tornare lì diventava il
sogno di un anno intero,
quei due mesi erano pura
libertà, quella libertà
che solo la semplicità è
in grado di dare. E allora
via con le prime birre e
le prime sigarette, i
cornetti caldi a mezzanotte,
le gite “clandestine”
un po’ più lontano. Tanto
siamo ad Amatrice, cosa
vuoi che succeda?
Nel corso degli anni ho
Nel corso degli anni ho
portato in quei luoghi
tutte le persone per me
importanti: non potevano
non vedere il panorama
dal Sacro Cuore, non
mangiare i ravioli da
Santino, non prendere
una birra all’Excalibur
o un aperitivo da Baccari.
Come non andare tutti gli
ultimi weekend di agosto
alla sagra degli spaghetti,
lamentarsi della pessima
organizzazione ed esclamare
bonariamente “Vabbè,
so’ amatriciani”. Impossibile
che una persona che mi
volesse accanto nella vita
non conoscesse questa
parte importantissima di
me. Io lì mi sento a casa e,
anche se ormai ci vado
pochi giorni all’anno,
magari anche solo il tempo
di un pranzo con gli amici
di sempre, sono sempre i
miei momenti preferiti.
Una bella mangiata con
qualche bel bicchiere di vino,
tanto siamo ad Amatrice,
cosa vuoi che succeda?
Quando qualcuno chiede
“Ma che ci vai a fare ad
Amatrice? Che c’è da vedere?”,
sorrido perchè solo chi
l’ha vissuta sa che nonostante
la chiesa di S. Agostino e
di S. Francesco, i fantastici
Monti Della Laga che
la circondano, la pasta e
i prodotti locali, nonstante
quello che tutti sono in grado
di apprezzare in una bella
località di montagna, Amatrice
ha un’attrazione fatale per
chi riesce a coglierne lo spirito.
Tanto siamo ad Amatrice,
cosa vuoi che succeda?
Nessun commento:
Posta un commento