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Essere poco visibili su Internet,
prendere alla leggera Linkedin,
fare la splendida su Facebook o
inseguire eccessivamente i followers
su Instagram può costare caro,
costare un posto di lavoro, costare
una carriera. Al contrario, fare
brillantemente networking in rete
e usare con furbizia i social può
portare molto lontano. Ne parliamo
con Silvia Zanella, autrice con Anna
Martini di Social Essere poco visibili
su Internet, prendere alla leggera
Linkedin, fare la splendida su
Facebook o inseguire eccessivamente
i followers su Instagram può costare
caro, costare un posto di lavoro,
costare una carriera. Al contrario,
fare brillantemente networking in
rete e usare con furbizia i social
può portare molto lontano. Ne
parliamo con Silvia Zanella,
autrice con Anna Martini di Social
Recruiter (Franco Angeli), un libro
che racconta le nuove frontiere
digitali della selezione del personale.
Perché ormai anche nel lavoro
tutto è social, recruiter compresi.
1.Qual è il social che
voi recruiter visionate di più?
«Certamente Facebook, perché
è quello che ha più iscritti e
quello con la permanenza più alta».
2.Dunque Facebook batte
per paradosso Linkedin,
la piattaforma professionale
per eccellenza?
«Diciamo che Linkedin è la
piattaforma che in assoluto noi
preferiamo sul piano delle selezione
tecnica. Facebook è perfetta per
fare il controllo della reputazione
in rete dei candidati, per capire la
loro personalità e il valore del loro
"brand" on line».
3.Ci dica tre cose che controllate
su Facebook di un possibile
candidato.
«Ad esempio, su quali pagine
ha messo i like, quali pagine
aziendali segue, che interessi
mostra di avere…».
4. Ora ci dia una dritta per
creare un profilo Linkedin
a prova di recruiter.
«Non completate i campi
superficialmente, fermandovi a
quelli basici. Quanti ne troviamo
privi di sommario! Eppure per noi
selezionatori, quando il sommario
c'è ed è fatto con intelligenza, è un
gancio formidabile. Per ogni posizione
che si è ricoperta bisognerebbe poi
elaborare un racconto forte ed
esaustivo, capace di fare entrare
il selezionatore in quell'esperienza:
mettete il numero di collaboratori
gestiti e il budget, le esatte mansioni,
i risultati raggiunti… Insomma,
chiunque abbia un profilo su
Internet lo dovrebbe percepire
come un pitch, un'opportunità
di originale espressione di sé».
5.Tutte le aziende richiedono
informazioni on line sui
candidati o lo fanno solo
e più innovative e le multinazionali?
«Lo fanno sicuramente le
multinazionali e le grandi
aziende, ma lo fanno anche
quelle di piccolissime dimensioni,
le startup, ad esempio, che sono
alla ricerca di professionisti dalle
caratteristiche ultramirate.
Comunque noi selezionatori,
indipendentemente dal fatto di
avere o meno mandato di cercare
un candidato, monitoriamo
costantemente il web alla ricerca
di persone interessanti».
6.Sta dicendo che monitorate
anche i profili social di chi
un lavoro già ce l'ha e non ne
sta cercando un altro? E quindi
che potenzialmente tutti siamo
sempre sotto l'occhio di un recruiter?
«Sì, è così. Peraltro quelli che
non stanno cercando attivamente
un nuovo lavoro, ovvero i
"candidati passivi", sono per
noi i più interessanti».
7.Ma quanto influiscono
davvero i social nella scelta
di un candidato? Rigiro la
domanda: cosa tra le attività
social di un candidato
Scoraggia un'azienda
dall'assumerlo?
«Tra i motivi più comuni
c'è la presenza di informazioni
sui social che contraddicono il
cv, una valutazione negativa
della personalità social, la
pubblicazione di immagini inopportune…».
8.E il fatto di esprimere
opinioni con un preciso
orientamento politico?
«Alle aziende non interessa.
Altra cosa dall'esprimere opinioni
politiche, naturalmente, è
pubblicare frasi oscene, discriminatorie,
razziste, e queste possono costare
molto caro: le aziende non hanno
nessuna voglia di assumere uno
dall'offesa facile, per cui un
professionista può contare anche
su un cv altissimo, ma se ha una
pessima reputazione social la
sua strada finisce lì. Bisogna che
tutti ci mettiamo in mente che
ciò che facciamo on line prima o
poi entrerà sotto la lente di un
recruiter! Del resto, anche gli stessi
candidati utilizzano il web per farsi
un'idea dell'azienda in cui potrebbero
andare a lavorare, e a volte capita
che sia proprio l'attività social
dell'azienda e la sua reputazione
on line a fare sì che loro vi rinuncino».
9.Instagram pesa? E in quali casi?
«Per noi è fondamentale se
cerchiamo professionalità con
attinenza al visual e va da sé che
chi lavora con l'immagine deve
dare al proprio Instagram anche
una valenza professionale. Diciamo
che, in genere, per noi selezionatori
trovare punti di vista originali,
immagini non viste altrove,
trattazioni inedite contribuisce
ad avere degli autori un'impressione
più positiva. Invece il fatto che
una persona abbia una moltitudine
di follower o meno può non essere
rilevante».
10.In realtà vivere i social
anche come una vetrina
professionale è piuttosto
impegnativo. Vie d'uscita
non sono consentite?
«Certamente sì: una persona
può decidere che su alcuni social
vuole avere un'attitudine neutra,
e non sarà penalizzata per questo.
Faccio il mio caso: io, che punto
ad avere un'identità digitale
professionale molto curata, su
Instagram, invece, pubblico foto
di mare. Ma la premessa è chiara,
la mia attitudine neutra su
questo social network è
piuttosto dichiarata».
11.Cercando che cosa
esaminate un account Twitter?
«Per verificare se c'è coerenza
tra quanto dichiarato sul cv e
il comportamento sociale.
Esempio: se sto cercando chi
segua la comunicazione per
un'associazione ambientalista,
andrò a verificare su Twitter
che non si dedichi alla caccia!
Insomma, che esprima commenti
assolutamente coerenti con
quella posizione».
12. Può capitare di essere
contattati via social da un
recruiter per un colloquio
di lavoro?
«Capita, certamente.
In genere lo facciamo con
un messaggio privato su
Linkedin».
13. Qual è la prima cosa
della giornata che fa un
ocial recruiter come lei?
«Tra le prime cose che faccio
verifico i trending topic del momento.
E se ce n'è uno che riguarda il mondo
del lavoro, intervengo e commento.
Io stessa a volte ne lancio: anche
noi recruiter abbiamo una rete,
siamo seguiti, facciamo personal branding di noi stessi».
14.Questo molti non lo sanno:
sta dicendo che per chiunque
non voglia stare a vita nella
stessa azienda può essere
vantaggioso mettersi a seguire
i selezionatori del personale?
«Certamente, lo può essere».
15.E contattare un
selezionatore su Linkedin?
«Va benissimo. Un consiglio a
proposito: quando chiedete la
connessione su LinkedIn, specialmente
a un recruiter ma non solo,
aggiungete un messaggio
personalizzato. Specificate in
due righe chi siete e perché
vi state rivolgendo proprio a lui.
Non si tratta solo di buona
educazione, ma anche di
dimostrare di saper utilizzare
lo strumento efficacemente e di
darvi una chance in più per
farvi ricordare».
16. Ci dica l'errore più
brutto e più diffuso che
facciamo sui social network.
«Ce n'è uno che è una lacuna
immensa: non avere sempre la
consapevolezza che qualunqu
cosa si faccia sui social network,
si sta comunicando con il mondo
intero. Perciò la prima
considerazione da fare è che
la propria identità digitale
va assolutamente e sempre
gestita. Sapendo che anche non
avere un profilo Linkedin è,
a suo modo, un modo di comunicare se stessi».
17.Qualcuno commette
questo errore più di altri?
«I più giovani, paradossalmente,
che vivono quasi come un affronto
liberticida il fatto che si possa
esaminare la loro bacheca
Facebook per fare delle valutazioni.
Ciò, nonostante abbiano a
disposizione filtri per discernere
i contenuti visibili da quelli che
non si vuole lo siano».
18.Consigli finali: ci suggerisce
una cosa da fare on line tutti
i giorni se stiamo cercando
un nuovo lavoro?
«Scegliete massimo 10 pagine
delle società di selezione o delle
aziende presso cui vorreste andare
a lavorare e ogni giorno controllate
i loro aggiornamenti. Nel giro
di qualche minuto vi farete
un'idea delle posizioni aperte
e dell'aria che tira nel mercato».
19.E una cosa da fare una
volta a settimana?
«Scrivete su Linkedin un post
di natura professionale. Che
sia utile a voi per posizionarvi
come esperti del settore e a chi vi
legge per scoprire qualcosa che
non sa. Se non ve la sentite di
scrivere un post, partecipate a
una discussione già presente e su
cui pensate di poter offrire un
contributo rilevante».
20.Infine, una cosa cruciale
da fare almeno una volta al
mese.
«Un esercizio che porta via dieci minuti,
ma che si rivelerà essenziale. Cercate
il vostro nome e cognome su Google
e vedete cosa salta fuori. Mese dopo
mese, se lavorerete sulla vostra presenza
online, la vostra immagine migliorerà
nettamente. E sarà più facile che un
recruiter chiami proprio voi».
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