1 Dovevo tornare da Baia a Napoli e
mi sono subito lasciato convincere
che minacciasse un temporale, per
non sperimentare di nuovo la nave;
ma
la strada era tanto fangosa che mi
sembra quasi di essere stato ancòra
per mare. Quel giorno ho dovuto subire
fino in fondo il destino degli atleti:
dopo l'unguento, nella galleria di
Posillipo, ci ha assalito la polvere. 2
Niente è più lungo di quello stretto
passaggio, niente più oscuro di quelle
torce che ci servono non a vedere in
mezzo alle tenebre, ma a vedere le
tenebre. Del resto anche se ci fosse
luce, la ingoierebbe la polvere che è
fastidiosa e seccante anche all'aperto;
immagina là dentro: turbina su se stessa
e così rinchiusa, non avendo via
d'uscita, ricade su quelli che l'hanno
sollevata! Abbiamo perciò sopportato
due inconvenienti opposti nel
medesimo tempo: per la stessa
strada, nello stesso giorno ci hanno
tormentato
polvere e fango. 3
Tuttavia quell'oscurità mi ha dato
l'occasione di riflettere: ho sentito
un colpo al cuore e un'alterazione,
ma senza paura, causati
dalla
stranezza di quella situazione
insolita e orribile. Non ti parlo
ora di me che sono un uomo molto
lontano da un livello accettabile,
né, tanto
meno, sono perfetto, ma
di chi si è sottratto al dominio
della sorte: anche costui si turberà
e sbiancherà in volto. 4 Ci sono reazioni
, mio caro, alle
quali nemmeno un
uomo virtuoso può sottrarsi:
la natura gli ricorda che è mortale.
Contrae, perciò il volto di fronte
al dolore, rabbrividisce davanti agli
imprevisti, gli si annebbia la vista, se
dall'orlo di una voragine guarda in basso:
questa non è paura, ma un impulso
istintivo e irrazionale. 5 Per
ciò
uomini coraggiosi e prontissimi a
versare il loro sangue non sopportano
la vista del sangue altrui; certi si
sentono venir meno e svengono se
vedono medicare o esaminare
una ferita recente, altri una ferita
vecchia e purulenta. C'è chi
preferisce ricevere un colpo
di spada che vederlo dare.
6 Sentii,
come dicevo, non un turbamento,
ma un'alterazione: poi, appena
vidi riapparire la luce, ritornai allegro
senza pensarci e impormelo.
Cominciai
allora a dirmi quanto siamo sciocchi
a temere certe cose di più, certe altre
di meno, quando poi l'esito è identico.
Che differenza c'è se ci
cade addosso
il casotto delle sentinelle o un monte?
Nessuna. Eppure c'è chi teme di più
quest'ultima evenienza, sebbene
entrambe siano
ugualmente mortali:
abbiamo più paura delle cause
che degli effetti. 7 Pensi ora che
io segua la dottrina degli Stoici,
ossia che l'anima di un uomo schiacciato
da un enorme peso, non avendo via
d'uscita, non può perdurare e subito
si dissolve? No, non lo faccio:
la ritengo una teoria sbagliata. 8
Come la fiamma non la si può
schiacciare (infatti si propaga
intorno all'oggetto che la comprime),
come l'aria non viene ferita da
colpi o sferzate e
nemmeno si
scinde, ma si riversa intorno al
corpo che ne ha preso il posto;
così l'anima, formata di particelle
sottilissime, non può essere presa
o
uccisa dentro il corpo, ma, grazie
alla sua sottigliezza, erompe
attraverso ciò che la comprime.
Come il fulmine, anche se ha
colpito e illuminato un
ampio
spazio, si ritira attraverso una
piccola apertura, così l'anima,
più sottile ancòra del fuoco, può
fuggire attraverso ogni corpo.
9 Sorge, perciò
il problema
della sua immortalità. Tieni
questo per certo: se sopravvive
al corpo, non può essere
annientata in nessun modo:
l'immortalità non
ammette
eccezioni e, d'altra parte, nulla
può nuocere a ciò che è eterno.
Stammi bene.
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