Lasciate ogne speranza, Voi ch' intrate...
Vi aspetta un viaggio nella Cultura, nella Filosofia, nella Poesia, nella Sociologia, nel Gossip......by Phil :-)
giovedì 28 luglio 2022
MISTERI:SERIAL KILLER E DELITTI-LUCIAN STANIAK IL RAGNO ROSSO DI KATOWIC
TRATTO DA IL PARANORMALE.COM
La domanda che sto per farvi è contro
l’etica morale, contro la ragione e
probabilmente esposta solo in qualche
sito perverso del deep web.
Se voleste uccidere qualcuno come vi
organizzereste per non destare sospetti
e farla franca?
Non è una domanda per “uso personale”:
mi serve per introdurvi questo assassino
davvero particolare. Sembra strano, ma
sono certo che molti, almeno una
volta nella vita, si siano posti questa
domanda, perché almeno una volta
ognuno di noi ha riflettuto sul modus
operandi di un omicidio, sia esso reale
(letto sui giornali o sentito al
telegiornale) o inventato (serie TV,
film, storie raccontate).
Alcuni probabilmente direbbero che
guarderebbero serie crime in TV
(CSI, Law and Order, La signora in
giallo, ecc.) cercando di perfezionare
quello che la finzione oggi descrive fin
troppo realisticamente; altri
escogiterebbero un modus operandi
proprio e si affiderebbero alle proprie
capacità o fortuna. Ma una persona astuta
probabilmente risponderebbe che
trarrebbe spunto da omicidi “storici”
su cui si è meticolosamente documentato
per evitare gli eventuali errori del
killer: ecco, questo è il caso di
Lucian Staniak, che prese spunto
addirittura dal serial killer più
famoso del mondo, quello che non
venne mai arrestato e che ancora
oggi non ha un nome… Jack lo
Squartatore!
Come Jack anche Staniak mandava
lettere ai giornali, come lui sventrava
le sue vittime, colpiva in una zona
precisa e solo un certo tipo di persone;
come lo Squartatore colpiva con una lama
affilata e non temeva di farlo in luoghi
pubblici e affollati. Staniak si accanì
contro ragazze caucasiche adolescenti,
bionde e dai capelli lunghi: tenete bene
a mente questo particolare perché alla
fine scoprirete il motivo.
Lucian Staniak è nato e ha vissuto a
Katowice nel 1940, nel sud della Polonia;
della sua vita prima degli omicidi si
sa ben poco, anche perché la sua famiglia
era piuttosto anonima, mai appariscente
e lui stesso era un uomo come tanti altri,
senza tratti distintivi particolari, con
un carattere mite, un lavoro fisso come
traduttore e un hobby condiviso da
tantissime altre persone: l’arte.
Tutto iniziò il 4 luglio del 1964, il
giorno del 20° anniversario della
liberazione dall’occupazione nazista;
alla redazione del giornale Prezeglad
Polityczny di Varsavia giunse una
lettera scritta con inchiostro rosso
che portava un’enigmatica frase:
«Non c’è felicità senza lacrime,
vita senza morte. Attenti! Vi farò
piangere.»
Ecco, prima di continuare lasciate
ancora che vi dica che Staniak spedì
diverse lettere del genere al giornale,
tutte scritte con inchiostro rosso
diluito con trementina e con un carattere
molto sottile che ricordava molto le zampe
di un ragno: proprio questo fatto gli valse
il soprannome di “Ragno Rosso”.
Ad ogni modo inizialmente la direttrice
del giornale, Marian Starzynski, si
convinse che quella lettera fosse una
minaccia nei suoi confronti e denunciò
la cosa alla polizia, che però le diede
poco conto.
In Polonia però la festa nazionale era
il 22 luglio e quel giorno la tensione
da parte delle forze dell’ordine era molto
alta perché si temeva qualche attentato
da parte delle minoranze integraliste;
quasi tutte le risorse vennero spostate
Olsztyn, a circa 200 km dalla capitale,
il Ragno Rosso colpì forse per la prima
volta.
Danka Maciejowitz, una studentessa 17enne
con i capelli lunghi biondi, stava
tornando a casa per pranzo dopo aver
festeggiato a scuola la fine dell’anno
scolastico. Un ragazzo ben vestito, da modi
gentili e con il sorriso sul volto, la
convinse ad accompagnarlo in un parco poco
distante dicendola che non era del posto
e che era in cerca di un luogo immerso
nella natura dove trascorrere la giornata
leggendo un libro. probabilmente quando
giunsero nel parco la ragazza notò che
l’uomo aveva dei modi troppo sospetti
e cercò di defilarsi velocemente; tuttavia
lui l’afferrò per il collo e la stordì
con una pietra, poi la trascinò in un
angolo del parco e, dopo averla violentata,
le aprì l’addome con un coltello ed
estrasse gli intestini che posiziono di
fianco al corpo.
L’assassino non cercò minimamente di
occultare il cadavere; anzi: in ogni
suo omicidio Staniak cercò di mettere ben
in evidenza i corpi e il suo modus operandi.
Il corpo di Danka venne trovato il mattino
dopo dal giardiniere del parco, che dopo lo
shock allertò la polizia. Poiché nessuno
collegò la lettera con l’efferato omicidio,
ci pensò lo stesso assassino a rivendicarne
la paternità: due giorni dopo, il 24 luglio,
alla redazione del giornale giunse un’altra
lettera, sempre scritta con la stessa
calligrafia e con inchiostro rosso.
«Ho colto un bel fiore ad Olsztyn e lo
farò ancora da qualche altra parte. Non
ci sarà festa senza funerale.»
Quella frase avrebbe dovuto fornire un
indizio molto importante alle autorità,
che però non colsero: “non ci sarà festa
senza funerale”, ovvero “ad ogni festa
ucciderò qualcuno”. D’altra parte l’assassino
in quell’omicidio era stato molto attento
a cancellare ogni prova e ogni indizio e
chi poteva immaginare che un impiegato di una
famosa casa editrice (che quindi si spostava
molto per lavoro) avrebbe ucciso in ogni
grande città della nazione?
Staniak poi era un uomo meticoloso, attento
e astuto: leggeva moltissimo, soprattutto
il quotidiano con il quale si teneva
aggiornato sulle ipotesi e le dichiarazioni
della
polizia. Proprio sul giornale vide la fotografia
della sua prossima vittima: era il 16 gennaio
1965 e sul quotidiano Zycie Warsawy notò una
bellissima ragazza bionda di soli 16 anni di
nome Aniuta Kaliniak, che era stata selezionata
per marciare il giorno dopo alla testa di una
parata a Varsavia.
Staniak si mischiò alla folla accalcata lungo
le strade di Varsavia e seguì la ragazza per
tutto il corteo, sempre tenendosi a debita
distanza ma senza mai perderla d’occhio.
Quando la parata finì Aniuta chiese un
passaggio ad un camionista per tornare a
casa a Praga e Staniak li seguì per tutto
il percorso, riuscendo ad ottenere ciò che
stava cercando: durante una sosta
all’autogrill la ragazza disse al camionista
l’indirizzo dove abitava e Staniak allora
la precedette a destinazione e si nascose
a pochi metri dal cortile della casa.
Quando il camionista lasciò Aniuta
all’angolo della strada e se ne andò,
l’assassino l’afferrò e minacciandola
con un coltello la trascinò in una
fabbrica abbandonata poco lontano, dove
la strangolò, la violentò e infierì sul
suo corpo con un punteruolo e il coltello.
Infine la sventrò e lasciò conficcato il
punteruolo nella vagina della ragazza.
Il giorno dopo al giornale giunse una
lettera in cui il killer indicava il posto
dove cercare Aniuta, ovvero il seminterrato
della fabbrica.
In un’altra festività, il 1° novembre
dello stesso anno, Staniak probabilmente
incontrò la sua vittima per caso:
un’altra bionda con i capelli lunghi,
Janka Popielski, aveva preso un giorno
di vacanza per passare la giornata con
il suo fidanzato e prese il treno a
Poznam per raggiungerlo a circa 50 km
di distanza. Il caso volle che Staniak
fosse sullo stesso treno di ritorno da
una mostra di arte e che lei salisse proprio
nella sua carrozza.
Era sera e sul treno c’era pochissima gente,
così l’assassino ne approfittò e l’aggredì
senza mezze misure: la prese da dietro e
l’addormentò con del cloroformio, poi la
trascinò per tre vagoni fino a raggiungere
quello merci e lì con un punteruolo la
perforò più volte alla gola e al petto.
Per concludere la sua aggressione con un
coltello le aprì l’addome ed estrasse gli
intestini della ragazza. Il corpo venne
lasciato in mezzo a della casse e il giorno
dopo nuovamente spedì una lettera, questa
volta al Corriere di Poznam.
«Soltanto le lacrime di dolore possono lavare
la vergogna; soltanto il dolore può estinguere
le fiamme della lussuria.»
C’era poco da fare, le autorità brancolavano
nel buio e sulle lettere, a parte la
calligrafia, non era possibile rilevare
impronte o indizi che portassero ad una
strada da seguire. Anche le frasi erano
tutte enigmatiche e l’unica cosa che la
polizia intuì fu che si trattava di qualcuno
6, altra festa nazionale. A Zoliborz,
un distretto di Varsavia, la 17enne Marysia
Galazka uscì per una passeggiata poco dopo
mangiato. Probabilmente il Ragno Rosso la
vide uscire di casa, ma non riuscì a raggiungerla
in tempo perché raggiunse alcuni suoi amici
all’angolo della strada. Allora pazientemente
attese il suo ritorno nel giardino di fronte
e verso le 18, quando la vide tornare, sapeva
che a casa non c’era nessuno perché i genitori
erano usciti. Prima che lei entrasse in casa
l’uomo spuntò da un angolo del giardino e
l’addormentò con del cloroformio; poi la
trascinò nel capanno dietro casa e la violentò
brutalmente. Infine, come di consueto, la
strangolò, la sventrò l’addome e posò gli
intestini accanto al corpo.
Come al solito i giorno dopo il killer
scrisse al giornale vantandosi dell’ennesimo
omicidio di un’adolescente dai lunghi capelli
biondi.
Era il quarto scempio rivendicato dal
serial killer, ma la polizia rintracciò
altri 14 omicidi con lo stesso modus operandi:
tutte le vittime erano giovani ragazze
abusate, pugnalate e sventrate, ma a
differenza delle 6 che furono attribuite a
Staniak non erano state rivendicate con lettere
ai giornali ed erano state uccise in giorni
festivi; d’altra parte Staniak di certo non
ammise di più di quello che fu evidente…
Il 24 dicembre, nuovamente su un treno che
da Cracovia era diretto a Varsavia, Staniak
fece la sua vittima: si chiamava Janina Kozielska
e aveva 17 anni, anche lei bionda con i capelli
lunghi. In realtà Staniak aveva già premeditato
il suo omicidio: aveva incontrato la ragazza alla
stazione e aveva pagato il biglietto alla ragazza
dicendole che anche lui doveva compiere la stessa
tratta. Prima della partenza da Cracovia
l’assassino massacrò la ragazza nello
scompartimento vuoto, le tagliò la gola ed
estrasse le sue interiora; poi scese prima
che il treno partisse. Quando il controllor
e trovò il corpo della ragazza si convinse
che l’assassino fosse ancora a bordo e così,
contattate le autorità il treno non fece
nessuna fermata e ogni passeggero venne
perquisito e interrogato a Varsavia, senza
però arrivare a nulla. In compenso trovarono
un’altra lettera, questa volta lasciata sul
sedile dello scompartimento; su di essa
c’era scritto in rosso:
«L’ho fatto ancora.»
Inutile dire che le indagini erano a un
punto morto: l’assassino si muoveva in tutto
lo stato e colpiva apparentemente a caso.
Ciò che portò sulle tracce del Ragno Rosso
però fu una deduzione poco attinente:
Janina era la sorella di Aniela Kozielska,
anche lei trovata ucccisa
e mutilata allo stesso modo due anni
prima a Varsavia a soli 14 anni (ecco
perché si crede che Staniak abbia ucciso
ben di più delle 6 vittime imputategli).
L’unico indizio che avevano le autorità
erano due sorelle? Che l’assassino ce
l’avesse con la loro famiglia?
Gli inquirenti interrogarono i genitori
delle due ragazze per cercare un
collegamento, ma loro non seppero fornire
nessuna informazione che potesse giustificare
quei due omicidi; tuttavia parlarono di
un ragazzo, un artista che lavorava Cracovia
e che per diverso tempo frequentò le due
ragazze convincendole a posare come modelle
per disegni artistici per un club artistico.
Quella che sembrava un’informazione di poco
conto fu invece essenziale per mettere le
autorità sulla giusta strada: convinti che
l’artista fosse uno stalker di giovane ragazze
e ossessionato dai corpi procaci, gli inquirenti
si concentrarono sugli iscritti a quel
circolo d’arte. Ma si parlava di oltre
un centinaio di iscritti e le indagini
sarebbero durate tantissimo tempo, senza
contare che poteva essere un buco nell’acqua.
Poi però qualcuno ebbe l’intuizione geniale:
l’assassino aveva colpito a Cracovia, Poznam,
Lomza, Radom, Bydgoszcz, Lublino, Varsavia
e Kieke, tutte le maggiori città della Polonia.
Ne mancava una: Katowice. Che l’assassino fosse
di quella città? O che avesse ucciso la sua
prossima vittima lì?
Tracciati su una cartina gli spostamenti
del killer la polizia si decise ad intensificare
le indagini sui residenti di Katowice, e in
particolar modo sugli iscritti residenti in
questa città. La fortuna volle che solo uno
degli appartenenti al club fosse residente a
Katowice: un 26enne di nome Lucian Staniak, un
mite cittadino che esercitava la professione
di traduttore.
Per prima cosa la polizia perquisì i suoi oggetti
personali al club. Nell’armadietto
dell’artista trovarono dei quadri dipinti
con la stessa vernice rossa con cui il killer
aveva scritto le lettere e su uno di essi
c’era un’immagine molto eloquente: un fiore,
mangiato da un mucca che sua volta veniva
attaccata da un lupo, il quale era sotto
tiro di un cacciatore che però stava per
essere investito da una donna in auto. La
donna aveva i capelli lunghi biondi, ma non solo:
la tela aveva un altro disegno a lato in cui
la stessa donna era riversa in prato con l’addome
squarciato e sopra le sue viscere c’era
un fiore.
La conclusione fu ovvia: il 31 gennaio del
1967 la polizia si presentò a casa di Lucian
Staniak, ma lui in quel momento era fuori ca
Bozhena Raczkiewicz, una 18enne che con lo
zaino in spalla stava raggiungendo la stazione
proprio a Katowice. In una zona poco frequentata
il Ragno Rosso l’aggredì colpendola con una bottiglia
il cadavere della ragazza, la polizia lo condusse
in centrale per interrogarlo e poche ore dopo
confessò ben 20 omicidi.
Ed eccoci all’epilogo: perché Lucian Staniak
uccise con tanta ferocia? E perché solo ragazze
adolescenti con i capelli biondi?
Per vendetta e per rabbia. Lo stesso
Staniak dichiarò che bruciava dalla rabbia
per l’incidente avvenuto alcuni anni prima
alla sua famiglia: sua sorella e i suoi genitori
morirono in uno scontro tra due auto per colpa
di una ragazza appena patentata con i capelli
lunghi biondi e mentre lui aveva perso la sua famiglia
lei non si fece quasi nulla e non scontò nessun
giorno di carcere per l’incidente che aveva commesso.
Staniak uccideva per placare la rabbia verso quella
ragazza che dopo l’incidente venne tutelata dalle
autorità con un cambio di identità e un trasferimento
per chissà dove.
Verso la fine del 1967 Lucian Staniak venne
dichiarato colpevole di 6 omicidi: gli altri
non vennero presi in considerazione poiché
la pena era già la condanna morte. Tuttavia
la difesa riuscì in appello a rovesciare la
sentenza facendo figurare Staniak come incapace
di intendere e volere. Dalla pena di morte allora
si passò all’ergastolo da passare in un manicomio,
dove ancora oggi Staniak passa il tempo a dipingere.
FONTE: Misteri dal Mondo –
redere Per Vedere
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