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mercoledì 26 giugno 2024
BIOGRAFIE:Silvio Pellico
TRATTO DA BIOGRAFIE:
Silvio Pellico nasce a Saluzzo (Cuneo)
il 25 giugno del 1789. Comincia gli studi a
Torino per proseguirli in Francia, a Lione,
presso uno zio al quale suo padre Onorato lo
affida per avviarlo al commercio, mestiere di
famiglia. Ma, come si vedrà, le inclinazioni del
giovane Silvio sono di tutt'altro genere. Resterà
in Francia fino all'età di vent'anni, apprendendone
la lingua ed assimilando molto della cultura
francese.
Nel 1809 si ricongiunge con la sua famiglia,
a Milano, dove comincia a lavorare prima come
professore di francese nel Collegio Militare
degli Orfani e poi come precettore presso varie
famiglie patrizie fino a quella del conte Porro
Lambertenghi. È intanto maturata in lui una forte
passione per le lettere, che lo porta a conoscere
e frequentare alcuni fra i più grandi esponenti
della cultura italiana ed europea: Ugo Foscolo,
Vincenzo Monti, Federico Confalonieri, Gian Domenico Romagnosi,
Giovanni Berchet, Ludovico Di Breme, Madame De Stael,
Stendhal, George Gordon Byron, Friedrich von Schlegel,
John Cam Hobhouse. Comincia in questi anni la sua
produzione letteraria con alcune tragedie, la più
importante delle quali è "Francesca da Rimini" che,
rappresentata nel 1815 da Carlotta Marchionni,
riscontra un successo trionfale.
Qualche anno più tardi Silvio si innamora
della cugina di Carlotta, Teresa, che lui
chiama affettuosamente "Gegina". "Francesca da Rimini",
insieme ad "Eufemio da Messina", sono le opere che
ne rivelano il profondo talento poetico. In casa di
Lambertenghi, fervido liberale, Pellico matura
una coscienza politica ed inizia la collaborazione
con la rivista "Il Conciliatore" - probabilmente
il primo vagito di quello spirito unitario nazionale
che ha dato vita al Risorgimento italiano -
che il governo austriaco sopprime un anno dopo,
nel 1819.
Aderisce alla carboneria milanese di Pietro
Maroncelli e per questo motivo, scoperti dagli
austriaci, viene arrestato il 13 ottobre 1820.
Trasferito al carcere dei "Piombi" di Venezia
, quattro mesi dopo viene processato e condannato
a morte, con pena "commutata in quindici anni di
carcere duro da scontarsi nella fortezza
di Spielberg", in Moravia. Graziato nel 1830,
fa ritorno a Torino dove trova da vivere come
bibliotecario in casa dei marchesi di Barolo,
rimanendone condizionato dalla mentalità conservatrice
e perbenista ma ritrovando, altresì, la tranquillità
e la giusta disposizione d'animo per riprendere
l'interrotta attività letteraria.
Sono di questi anni le tragedie "Ester d'Engaddi",
"Gismonda da Mendrisio", "Leoniero da Dertona",
"Erodiade", "Tommaso Moro" e "Corradino", ed
il trattato morale "I doveri degli uomini",
oltre ad alcune cantiche e ad un "Epistolario".
Ma la tranquillità del Pellico in casa Barolo
viene presto compromessa da problemi che
investono la sfera degli affetti familiari
e quella delle sue condizioni di salute,
che si fanno sempre più precarie. Il 31
gennaio del 1854, a Torino, Silvio Pellico
muore, a soli 65 anni.
Gli anni della prigionia a Spielberg rappresentano
certamente il periodo che maggiormente segnano
nello spirito e nel fisico il Pellico, e proprio
da questa durissima e sofferta esperienza nasce
la sua opera più memorabile, "Le mie prigioni",
che narra la vicenda intimamente umana e religiosa
dell'autore, senza lasciarsi distrarre da sentimenti
ostili di rivalsa politica. Inviso ai liberali proprio
per l'apparente mancanza di "organicità" alla causa
politica, e sottovalutata inizialmente dagli austriaci
per ragioni analoghe, "Le mie prigioni" ottiene invece
un effetto deflagrante con un enorme successo di
pubblico divenendo una sorta di emblema degli
ideali risorgimentali. Il cancelliere austriaco
Metternich ha modo di ammettere che quel libro ha
nociuto all'Austria più di una sconfitta
in battaglia.
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